Santissimo Redentore
Santissimo Redentore
Il duomo
Le vicende del “Nuovo Tempio” di Lonigo iniziarono nell’estate 1855 quando si diffuse una epidemia di colera talmente violenta che spinse l’arciprete a compiere una processione fino alla chiesa della Madonna dei Miracoli, portando il crocefisso di San Daniele. L’afa era tremenda in quel pomeriggio di luglio e nelle case agonizzavano molti malati, eppure una grandiosa folla accorse con ceri e recitando il Rosario, così che quando la testa della processione giunse al santuario, il crocefisso non era ancora uscito dalla chiesa. Subito dopo la processione una nuvola salì all’orizzonte e incominciò il tanto desiderato acquazzone che diede inizio alla remissione del colera. La scomparsa miracolosa dell’epidemia indusse alla costruzione di un tempio votivo.
Il luogo prescelto per il tempio era forse il più antico di Lonigo cioè il lato orientale e meridionale del castello Calmano, eretto all’inizio del X secolo. Il castello occupava l’area dell’odierno Palazzo Mugna -Municipio- Palazzo Cassia e Duomo; quadrato e possente godeva della leggera ma importante sopraelevatura. Nella seconda metà del Quattrocento la comunità leonicena costruì sulle rovine del castello una chiesa intitolata a San Marco. Al Duomo fu riservata dunque l’area più eminente e significativa del borgo di Lonigo. Dopo un concorso indetto nel luglio del 1874, a cui parteciparono 26 progetti, fu selezionato quello dell’architetto veronese Giacomo Franco. La posa della prima pietra avvenne nel 1877 e la consacrazione sabato 20 luglio 1895.
Lo stile del Duomo è eclettico e rivisita in parte lo stile romanico, in parte quello toscano e più propriamente pisano. La facciata tripartita, il protiro e il rosone rimandano a stilemi romanici veneti mentre le logge cieche ripropongono caratteristiche pisane. Le fasce della facciata, alternate in pietra tufacea e mattoni, derivano da modelli bizantini che il romanico ripropose. Soffermandoci sulla facciata possiamo osservare: il basamento in pietra dura di Chiampo che fa risaltare le colonne in marmo rosso del protiro e dei due portali minori e la lunetta del protiro che è opera di mosaicisti veneziani e ripropone la Maestà di Cristo in trono. Sovrasta il timpano del protiro il rosone in pietra di Chiampo allineato a due mensole progettate per le statue dei Santi Pietro e Paolo: gli otto petali ed oculi del rosone seguono il gusto neogotico. In occasione del centenario sono state realizzate le due statue previste dall’archittetto Franco, del quale lo scultore Tancredi Mastrotto ha tradotto in pietra i disegni ritrovati. La figura maestosa di s. Pietro ribadisce il ruolo del primato conferitogli da Cristo mentre San Paolo è caratterizzato dalla spada, simbolo della sua vita divisa in due dall’incontro con Cristo, della sua azione combattiva prima contro poi a favore del cristianesimo, infine del suo martirio tramite decapitazione. A coronamento della facciata corre una loggia ad archetti rampanti sostenuti da colonne binate; i vertici sono esaltati da piccole guglie formate da quattro colonnine che sostengono una cuspide.
oltre l’ingresso
Interno
Oltre l’ingresso si trova l’atrio dove è collocato sulla destra il fonte battesimale. La tazza ottagonale in marmo rosso per l’acqua santa è un reperto importante proveniente dall’antica Pieve. Il bassorilievo del battesimo di Cristo, incastonato nell’altare del battistero, è opera di Egisto Caldana: il Cristo è quasi completamente sbalzato dallo sfondo, quasi chino sotto il gesto solenne e ispirato del Battista mentre Dio Padre benedicente assiste dal cielo sopra una cortina di nuvole. Sul lato sinistro dell’atrio fa pendant una tela di Sante Calcagni in cui è rappresentata l’Apparizione di Gesù Bambino a S. Antonio di Padova. Nell’atrio trova posto il monumento che la Giunta municipale decise di dedicare a Giacomo Franco nel 1897: si tratta di un busto in bronzo opera del veronese Zanoni. Dall’atrio, in cui filtra la luminosità della scalinata che innalza il basamento del duomo di circa 2 m, si passa alla penombra maestosa del tempio, illuminato dal rosone che diffonde una luce radente.
Il pavimento in pietra bianca e grigia, delle cave di Pietrasanta, disegna delle fasce a losanghe che culminano nella stella a otto punte sotto il tiburio, all’incrocio del transetto. Le otto colonne che sostengono le arcate sono in marmo di Chiampo con breve basamento e capitello con volute neo rinascimentali. Le colonne e le semicolonne addossate al portale interno recano i più eleganti e raffinati capitelli di tutto il Duomo. I due portali interni laterali ricalcano quelli esterni con una cornice raffinata di palmette incise quasi a giorno. Il soffitto è costituito da travature in larice sostenute da arcate ricadenti su semicolonne e mensole riccamente decorate con motivi geometrico-floreali. Ogni settore del duomo è illuminato da una trifora aperta subito al di sotto del tetto.
Per il visitatore, giunto al transetto, è opportuno ora girarsi verso l’entrata per godere un’emozione suggestiva: sopra la porta centrale si staglia la grande statua del Redentore contro il rosone di vetri colorati. Cristo ha un corpo possente come un eroe che ha vinto con la sua divinità l’inesorabile limite della morte. La statua fu posta qui nel 1919, dopo anni che avevano visto orribili epidemie che tribolarono Lonigo, nonché la prima guerra mondiale appena conclusa. Il transetto è racchiuso da due absidi che convogliano le luci esterne attraverso le vetrate dipinte. Nel transetto il visitatore può ammirare l’altare del Rosario in stile neogotico; esso è formato da una mensa appoggiata ad un alto basamento per tre nicchie coronate da archetti e cuspidi in pietra. Intarsi e forme geometriche sulla mensa richiamano la decorazione delle navate. Sulla base dell’altare si trovano sei riquadri lobati che riportano scolpite e dipinte simbologie mariane accompagnate da una fascia con iscrizioni. La nicchia centrale al di sopra dell’altare è riccamente intagliata con cornici, capitelli, colonnine a torciglione bianche e oro. Le statue di San Domenico e Santa Caterina completano le sacre presenze sull’altare.
Sul versante opposto l’ altare del Santissimo appare molto modesto rispetto a quello del Rosario: sopra un basamento decorato con croci e archetti, quattro colonne in marmo rosso dividono l’altare in tre nicchie la cui cupola è decorata a conchiglia e sormontata dal timpano. Le vetrate, sempre opera dello Zanoni sono decorate con pani e pesci, il leone di S. Marco, l’Eucarestia e le colombe che si abbeverano alla fonte della vita soprannaturale.
abside pentagonale
Il presbiterio
La pianta longitudinale del Duomo fa convergere qui il percorso ideale iniziato in fondo alla navata; l’abside pentagonale è arricchita da una specie di loggia di cui soltanto due finestre sono aperte. Le due vetrate frantumano la luce in una miriade di tasselli colorati composti in un ritmo spiraliforme e simbolicamente rappresentano il Cristo Trionfante e l’Annunciazione a Maria. L’altare maggiore è attorniato da quattro colonne dai capitelli raffinati a fogli si acanto che sostengono il ciborio a spioventi. Sopra l’altare è collocato il famoso Crocefisso rinvenuto, secondo la tradizione, nei campi da un paio di buoi che, arando, ne avvertirono la presenza inginocchiandosi: fatto miracoloso ricordato dal capitello di san Daniele. L’antica croce di ulivo fu inizialmente conservata in una cappella di San Daniele poi fu portata sull’altare dello Spirito Santo nella Pieve. Nel 1895 il Crocefisso fu solennemente portato in Duomo e di qui viene rimosso soltanto il venerdì santo per la Via Crucis. Il volto del Cristo è dolce e severo insieme, il naso affilato dalla morte, gli occhi infossati, la fronte ancora contratta e la bocca socchiusa nell’ultimo respiro. L’aureola è costituita da un disco di metallo come una volta si usava per le statue esposte all’aperto, di cui costituiva una sorta si riparo. Accentuano il fulcro di attrazione della croce quattro raggi dorati che si irradiano sull’incrocio dei bracci.
Dietro il ciborio è stato ricollocato l’organo: è un apparato fantastico, quasi un modello ligneo che nel profilo richiama le guglie di una cattedrale. L’organo è costruito con un intaglio estremamente raffinato, che si avvale di preziose dorature per sottolineare gli elementi dell’apparato, frutto dell’opera di Giuseppe Regagioli, autore di tutti gli arredi lignei del Duomo.